Una riflessione di monsignor Paolo Martinelli, vescovo ausiliare della diocesi ambrosiana, in occasione della visita di Papa Francesco a Milano. La missione intesa da papa Francesco non è innanzitutto qualcosa da fare ma un modo di essere e di abitare il mondo. Mons. Martinelli ci aiuterà a riflettere su come vivere le dimensioni della missione e della missionarietà al Convegno Diocesano del 2/3 Settembre.
Oltre allo stile testimoniale vi sono alcuni richiami specifici che stanno creando nella Chiesa una nuova mentalità. Innanzitutto la centralità della missione come cuore della vita del popolo di Dio.–L’esortazione apostolica Evangelii gaudium costituisce da questo punto di vista un pilastro molto solido. Dietro alla formula della “Chiesa in uscita” sta una visione della Chiesa come comunione e missione. Il soggetto della missione è la comunione; la missione è la forma della comunione. In questa prospettiva si comprende la prospettiva radicale affermata dal Papa: «Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita» (EG 49).–Questa visione viene approfondita successivamente quando la parola missione viene compresa in termini molto personali: «La missione al cuore del popolo non è una parte della mia vita, o un ornamento che mi posso togliere, non è un’appendice, o un momento tra i tanti dell’esistenza. È qualcosa che non posso sradicare dal mio essere se non voglio distruggermi. Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo» (EG 274).–Qui si comprende molto bene che la missione intesa da papa Francesco è agli antipodi del proselitismo, non è innanzitutto qualcosa da fare ma un modo di essere e di abitare il mondo. Continua a leggere su clonline>>