Due storie quella di una parrocchia e quella di una famiglia. In comune la scelta di vivere con”la porta aperta”. Suor Claudia Biondi ci ha raccontato la scelta e lo stile di ospitalità della parrocchia Pentecoste mentre Chiara e Mauro Magatti hanno condiviso la loro esperienza con l’associazione Eskenosen. Il loro racconto ci ha aiutato a rispondere ad alcune domande: da dove nasce e come cresce il desiderio dell’ospitalità? come cambia il volto di una comunità che accoglie? come vive una famiglia disponibile a farsi casa per chi non ha casa?
Difficile riportare in poche righe i racconti, così ricchi, ascoltati nell’incontro di Giugno delle famiglie missionarie a Km0. Tentando una sintesi possiamo dire che tre movimenti hanno attraversato la narrazione e il confronto:
DARE FORMA – Accogliere dà forma alla vita della comunità e della famiglia; dà forma alle relazioni; dà forma allo stile di vita; “interpella, interroga, convoca”; fa la differenza nell’uso degli spazi, nelle priorità; innesca dinamiche generative; permette di “tenere insieme” le dimensioni dell’esistenza evitando la frammentazione; …
SAPER PERDERE – Accogliere ci fa perdere sicurezza, ci fa perdere il controllo della situazione, ci fa perdere averi e possessi in nome della sobrietà; ci fa perdere tempo, energie, spazio per sè; ci fa perdere consenso ( in alcune circostanze); costa fatica.
…ci fa perdere ciò che non serve, per tornare all’essenziale.
CONTEMPLARE – Fermarsi e alzare lo sguardo: lo Spirito crea, unifica la nostra vita, dà senso a quell’equilibrio sempre precario tra ciò che “perdiamo” e ciò che “arricchisce e da forma alla vita”.
Signore, facci vivere la nostra vita, non come un giuoco di scacchi dove tutto è calcolato, […] ma come una danza,
fra le braccia della tua grazia, nella musica che riempie l’universo d’amore. M.Delbrel
Riascolta gli audio: seguendo questo link>>
L’incontro si è tenuto a Novate Milanese. Qui le righe>> che hanno scritto per noi Giulia e Francesco che ci hanno accolto in oratorio.
Per rileggere la traccia dell’incontro>>
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dall’intervento di Suor Claudia Biondi | Leggi l’intervento in PDF>> | La parrocchia Pentecoste>>
Penso di raccontare l’esperienza della parrocchia della Pentecoste come l’ho riletta per cercare di prepararmi un po’, mettendo in evidenza alcuni aspetti che l’hanno caratterizzata e che hanno dato vita all’esperienza che si è snodata in questi anni, poco più di 30[…].
Ma in primis, come primo elemento, molto importante, metterei un metodo che ci ha accompagnato da prima come gruppo adulti e poi quando è stato costituito, come Consiglio parrocchiale: “Vedere, giudicare, agire” il metodo della revisione di vita della Gioc che ci ha permesso di avere attenzione alla realtà e quindi di aiutarci a leggerla e soprattutto di confrontarci con la Parola di Dio prima di scegliere. Si dà per scontato che la Parola di Dio, il Vangelo dia la forma alla vita di una parrocchia, ma sappiamo che poi non è vero (come non lo è per la vita personale) bisogna dargli tempo, luoghi di ascolto e di confronto, ma non solo in generale e questo è il bello della revisione di vita che si cerca la luce della Parola per quella precisa situazione per quella precisa scelta, dopo averne esplorato i perché e i pro e i contro. Quindi con questo metodo abbiamo attraversato i 32 anni della Pentecoste e anche l’accoglienza, le varie ospitalità…
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dall’intervento di Chiara e Mauro Magatti
“Noi abbiamo chiamato la nostra associazione Eskenosen, un termine preso dal Vangelo di Giovanni quando dice “…e venne a piantare la tenda in mezzo a noi”. Ci piaceva sia perché è un verbo e indica un processo, un dinamismo; sia perché dice qualcosa di provvisorio, e noi siamo in uno stabile in comodato, quindi siamo ospitati tanto quanto le persone che noi ospitiamo. […]
La scelta di ospitare è stato un modo -oltre a quello di fare tanti figli- per stare insieme. La nostra famiglia vive perché ci alimentiamo di qualcosa che non siamo noi. Da da soli non ce la potremmo fare: questa apertura è un ossigeno che ci provoca, ci convoca, ci fa vedere nostri limiti, ma allo stesso tempo ci spinge, ci stimola, ci tiene, molto semplicemente, vivi.” Chiara
“…sentivamo l’esigenza di fare uno sforzo perché la vita prendesse una forma perché nella società contemporanea è difficile dare una forma alla vita. Facciamo tante cose ma diventa più di sempre più difficile […] dare una forma alla vita nelle sue diverse dimensioni: la famiglia, il lavoro, le relazioni. Dare una forma in modo che “si parlino”. […] Le nostre vite sono frammentate, sono ‘spezzate dentro’.
Nelle vicende varie della nostra vita di famiglia abbiamo cercato di provare a inseguire questo desiderio di mettere insieme le diverse dimensioni in una ricerca continua che non sapeva bene dove andava (senza sicurezze). Lacan dice che il desiderio ha a che fare con lo sconcerto. Questa è un’espressione che io credo sia efficace e c’entra con la nostra vita. Credo che sia importante cercare di prima di tutto tenere aperta la possibilità di essere “sconcertati”: delle volte la vita ci sconcerta attraverso il dolore , altre attraverso delle cose che avvengono e che ci sorprendono. Lo sconcerto è ambivalente. Mauro
dall’intervento di don Luca Bressan
“Ma oggi …chi ce l’ha fatto fare di venire questa mattina? Credo che abbia ragione Madeleine Delbrel: c’è bisogno di momenti come questo per cogliere le fila del quotidiano che stiamo vivendo. E’ importante riprendere le parole di Madeleine Delbrel in questo tempo perché lei hai insegnato alla Chiesa che cos’è la passività vigile, che è ciò di cui abbiamo bisogno in questo momento di grande cambiamento delle forme: cambia la parrocchia, non abbiamo più preti da mettere nelle comunità, e forse non sappiamo neanche più bene cosa le parrocchie devono fare. […] Ciò che però osserviamo qui e che ci dà futuro è la capacità del Vangelo di entrare nella vita e di cambiarla.
Spesso nella Chiesa rimaniamo convinti che la ripetizione dell’esistente sia la migliore scelta per generare futuro. In realtà questa posizione non genera niente, semplicemente ci paralizziamo e ci irrigidiamo. Questo lo dice bene un gesuita tedesco che ho letto di recente e che commenta la situazione della Chiesa tedesca: la Chiesa ha bisogno di imparare da questa mistica cosa vuol dire stare dentro il cambiamento senza aver paura di perdere ciò che abbiamo costruito. Si tratta di imparare a contemplare cosa lo Spirito fa.
Guardate oggi che silenzio ci è creato quando suor Claudia ha iniziato a parlare, guardate come è cambiato anche l’atteggiamento dei bambini: è iniziato un momento contemplativo ed è frutto di tutto il cammino, di tutte le fatiche del quotidiano, della preghiera che abbiamo fatto per arrivare fino a qui in questi mesi che non ci vedevamo. Questa secondo me è l’unicità del gruppo e va custodita.”
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Non si è genitori se non si è figli,
non si può accogliere, se non si è stati accolti
non si può ospitare, se non ci si è fatti ospiti da qualcuno.
Non si può generare senza essere generati,
…e non si può essere generativi senza essere aver colto (o detto in termini spirituali “contemplato”)
che siamo il frutto della generatività di un Altro che ci precede.