parole per la #quaresima2020: Pregare l’attesa>> | Sorella morte>>
Sono giorni in cui le parole sembrano non bastare, anche se siamo invasi dalle parole: dai meme agli articoli di giornale, dalle omelie alle riflessioni sociologiche, dai bollettini gornalieri alle invocazioni.
Ci sono dinamiche su cui si gioca la nostra quotidianità nei giorni del virus, dinamiche su cui si gioca il nostro essere cristiani, la nostra fede.
Ma a volte le parole non bastano: davanti al mistero della vita percepiamo che c’è una profondità ed un mistero che può solo essere evocato, non solo con le parole ma soprattutto con l’arte , la poesia, la musica.
Ci siamo fatti aiutare da suor Enrica Bonino, ausliatrice del Purgatorio. Una congregazione che ha nel suo carisma l’accompagnamento dei “passaggi” della vita. E mai come in questo momento ci sentiamo in un momento di passaggio d’epoca.
Con lei abbiamo provato a cercare ciò che può interpretare i nostri sentimenti di questi giorni.
Iniziamo oggi a lasciarci interpellare dal tema dell’attesa:
Dall’immagine tesa – Clemente Rebora
Vigilo l’istante
con imminenza di attesa –
e non aspetto nessuno:
nell’ombra accesa
spio il campanello
che impercettibile spande
un polline di suono –
e non aspetto nessuno:
fra quattro mura
stupefatte di spazio
più che un deserto
non aspetto nessuno:
ma deve venire;
verrà, se resisto,
a sbocciare non visto,
verrà d’improvviso,
quando meno l’avverto: verrà quasi perdono
di quanto fa morire,
verrà a farmi certo
del suo e mio tesoro,
verrà come ristoro
delle mie e sue pene,
verrà, forse già viene
il suo bisbiglio.
Sono giorni di attesa… di tante attese diverse: c’è l’attesa che la pandemia finisca, l’attesa di leggere buone notizie sulle prime pagine dei giornali; l’attesa ansiosa che i parenti e gli amici guariscano, l’attesa più ordinaria che la giornata finisca. C’è anche un’attesa più profonda e più spirituale: è l’attesa di un segno dal Signore, di un barlume di speranza che dia senso a questi giorni, che ci faccia sentire accompagnati. Ci dicono che dobbiamo sforzarci di vivere un’attesa piena di speranza, anche Papa Francesco ce lo ha ricordato. Speranza di cosa?
Possiamo fermarci al #tuttoandràbene? Forse no. Da credenti, da lettori assidui della Bibbia sappiamo che non ci sono risparmiate catastrofi, disgrazie e calamità naturali. Si può purificare la nostra attesa dal desiderio ragionevole che “tutto finisca bene”? C’è un’attesa superiore a questa? Più profonda, spirituale, autentica? Alcuni spunti di riflessione:
Salmo 129: l’anima mia attende il Signore più che le sentinelle l’aurora
1 Canto delle ascensioni.
Dal profondo a te grido, o Signore;
2 Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia preghiera.
3 Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi potrà sussistere?
4 Ma presso di te è il perdono:
e avremo il tuo timore.
5 Io spero nel Signore,
l’anima mia spera nella sua parola.
6 L’anima mia attende il Signore
più che le sentinelle l’aurora.
7 Israele attenda il Signore,
perché presso il Signore è la misericordia
e grande presso di lui la redenzione.
8 Egli redimerà Israele
da tutte le sue colpe.
Una luce nel buio -Dietrich Bonhoeffer
Circondato fedelmente e silenziosamente da forze buone, custodito e confortato meravigliosamente voglio trascorrere questi giorni con voi e con voi incamminarmi verso il nuovo anno.
Le cose passate tormentano i nostri cuori, il peso duro dei giorni brutti ci opprime: o Signore, da’ ai nostri spiriti affranti la salvezza che ci hai preparato. Tu ci porgi il pesante e amaro calice della passione, pieno fino all’ultima goccia: noi lo prendiamo, grati, senza tremare, dalle tue care e buone mani.
Eppure, tu vuoi darci ancora la gioia per questo mondo e lo splendore del suo sole: ci ritorna alla mente il nostro passato e a te appartiene tutta la nostra vita.
Fa’ che le candele che hai portato al nostro buio oggi ardano in silenzio e caldamente; raccoglici, se è possibile, di nuovo insieme: noi lo sappiamo, la tua luce arde nella notte.
Se ora si diffonde attorno a noi il silenzio, fa’ che percepiamo il suono delle cose che, invisibili, si ergono attorno a noi, inno di lode di tutti i tuoi figli.
Custoditi meravigliosamente da forze buone aspettiamo, felici, le cose future: Dio è con noi la sera e la mattina e, sicuramente, ogni nuovo giorno.
La Speranza cristiana : imparare l’attesa -Papa Francesco
La speranza cristiana è l’attesa di qualcosa che già è stato compiuto; c’è la porta lì, e io spero di arrivare alla porta. Che cosa devo fare? Camminare verso la porta! Sono sicuro che arriverò alla porta. Così è la speranza cristiana: avere la certezza che io sto in cammino verso qualcosa che è, non che io voglia che sia. Questa è la speranza cristiana. La speranza cristiana è l’attesa di una cosa che è già stata compiuta e che certamente si realizzerà per ciascuno di noi. Anche la nostra risurrezione e quella dei cari defunti, quindi, non è una cosa che potrà avvenire oppure no, ma è una realtà certa, in quanto radicata nell’evento della risurrezione di Cristo. Sperare quindi significa imparare a vivere nell’attesa. Imparare a vivere nell’attesa e trovare la vita. Quando una donna si accorge di essere incinta, ogni giorno impara a vivere nell’attesa di vedere lo sguardo di quel bambino che verrà. Così anche noi dobbiamo vivere e imparare da queste attese umane e vivere nell’attesa di guardare il Signore, di incontrare il Signore. Questo non è facile, ma si impara: vivere nell’attesa. Sperare significa e implica un cuore umile, un cuore povero. Solo un povero sa attendere. Chi è già pieno di sé e dei suoi averi, non sa riporre la propria fiducia in nessun altro se non in sé stesso. Continua a leggere la catechesi del 1/2/2017>>