Il testo e le immagini condivise dalle famiglie missionarie a Km0 in questa Settimana Santa (ed “autentica”). Una via della Croce artigianale, a più mani e a più voci: disegnata, meditata, condivisa, …di canonica in canonica, …di famiglia in famiglia, …di fraternità in fraternità.
Un tempo per andare all’essenziale, per ritrovare senso, per ridare profondità alla scelta missionaria anche in questo tempo di zone rosse e attività comunitarie a distanza.
Ti preghiamo, Cristo crocifisso che stiamo contemplando, di dare essenzialità alle nostre parole, ai nostri gesti religiosi, così come è essenziale tutto ciò che discende dalla tua croce, sotto la quale noi ci poniamo ora.
Carlo Maria Martini, Ai piedi della tua Croce
Abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare.
Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità, di solidarietà.
Nella sua croce siamo stati salvati per accogliere la speranza e lasciare che sia essa a rafforzare e sostenere tutte le misure e le strade possibili che ci possono aiutare a custodirci e custodire.
Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza.
Papa Francesco
Grazie a:
Davide per i disegni, e alle famiglie che hanno scritto e raccolto meditazioni e testi di preghiera:
Roberta e Ivan, Arianna e Ivan, Silvia e Giovanni, Monica e Beppe, Emanuela e Andrea, Sara e Andrea.
E…
A Zoe, Giuditta, Marta, Ester, Francesca, Giulio, …. e a tutti i bimbi che ci hanno accompagnato in questa via della Croce.
A tutti i preti, diaconi, vicari, religiosi/e che ci stanno accanto.
I testi
Via Crucis -Famiglie missionarie a km0
Gesù prende su di sé la croce
«E quando se ne furono beffati, lo spogliarono della porpora, lo rivestirono delle sue vesti e lo portarono fuori per crocifiggerlo»
Gesù prende su di sé la croce, segno di tutte le nostre fragilità e dei nostri limiti.
Aiutiamoci, vivendo la fraternità tra di noi, a sostenerci l’un l’altro nel portare le nostre croci quotidiane,
non per portarla “al posto” del nostro fratello, ma piuttosto “con” il nostro fratello, rendendo questo sacrificio un atto di carità fraterna, di servizio, non pensando al nostro bene ma al bene di entrambi.
Insegnaci Gesù a farci servi inutili al servizio degli altri.
Ti prego, o Signore per la mia Fraternità:
perché ci conosciamo sempre meglio e ci comprendiamo nei nostri desideri e nei nostri limiti;
perché ciascuno di noi senta e viva i bisogni degli altri;
perché a nessuno sfuggano i momenti di stanchezza, di disagio, di preoccupazione dell’altro;
perché le nostre discussioni non ci dividano, ma ci uniscano nella ricerca del vero e del bene;
perché ciascuno di noi nel costruire la propria vita non impedisca all’altro di vivere la sua;
perché viviamo insieme, i momenti di gioia di ciascuno e guardiamo a te che sei la fonte di ogni vera gioia;
perché soprattutto ci amiamo come tu, o Padre, ci ami,
e ciascuno voglia il vero bene degli altri;
perché la nostra Fraternità non si chiuda in se stessa,
ma sia disponibile, aperta, sensibile ai bisogni degli altri;
perché ci sentiamo sempre parte viva della Chiesa in cammino
e possiamo continuare insieme in cielo il cammino cominciato quaggiù.
Gesù incontra la Madre
«Presso la croce di Gesù stava sua madre, la sorella di sua madre, Maria moglie di Cleofa e Maria di Magdala. Vedendo la madre e, accanto a lei, il discepolo che egli amava, Gesù disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre”. Da quell’ora il discepolo la prese nella sua casa»
Maria è chiamata per la seconda volta a dire il suo si. La prima volta al momento dell’annunciazione, ora sotto la croce la chiamata a divenire madre del discepolo e madre di ogni uomo. Maria accetta di generare vita dando al mondo il Figlio e rinnova la sua generatività nel momento più doloroso, sotto la croce.
Maria ricorda ad ognuno di noi la capacità generatrice e rinnovatrice dell’amore famigliare, un amore che non si arresta neanche di fronte al limite del legame di sangue, ma che è in grado di accogliere, custodire e generare vita anche laddove nessuno oserebbe sperare.
Maria è ferita sotto la croce ma trasforma le sue ferite in una porta di accesso per tutti coloro che desiderano l’amore di un abbraccio materno.
Aiutaci Maria a stare presso la croce, a non farci cadere nella tentazione di volerla evitare o di pensarla troppo pesante per le nostre vite.
Ecco Maria insieme a te il nostro si.
Aiutaci Maria a riconoscere la possibilità di generare vita anche laddove non sembrerebbe essercene apparentemente la possibilità.
Ecco Maria insieme a te il nostro si.
Aiutaci Maria a rinnovare ogni giorno il nostro si alla vita, a tutto ciò che porta vita e a tutti coloro che chiedono vita.
Ecco Maria insieme a te il nostro si.
Aiutaci Maria a testimoniare con le nostre azioni e le nostre scelte la bellezza, l’autenticità e la credibilità del nostro si.
Ecco Maria insieme a te il nostro si.
Gesù e il Cireneo
«Mentre lo conducevano alla crocifissione fermarono un certo Simone di Cirene che ritornava dai campi e lo caricarono della croce perché la portasse dietro a Gesù»
Tanto si è detto del Cireneo, tanto si è scritto, ma l’icona che noi scegliamo di raccontare è “un” Cireneo che si trova a passare di là, nei pressi del corteo di Gesù condannato, e a cui viene suo malgrado imposto di portare la croce. Non una scelta ponderata, non una fede che si distingue. Un uomo nel posto sbagliato al momento sbagliato, come capita a tutti gli uomini. All’inizio. Ma un uomo che entra nella Storia della salvezza, perché porta la croce. Al posto di Gesù. Per Gesù.
E allora Simone da Cirene resta accanto a Gesù e divide con Lui un pezzo della sofferenza del mondo
accogliendola come sacrificio, rendendola omaggio al Padre. In questi tempi in cui paure più o meno velate e dubbi più o meno intensi offuscano la vista abbiamo calato questo “portare la croce” nella realtà della vita quotidiana. Ed invitiamo a contemplare, nel silenzio, la Sua croce, capace di accogliere su di sé le paure e le difficoltà che tanti stanno vivendo.
Guardando al Cireneo ripensiamo a tutte le volte in cui ho allontanato la condivisione della Croce facendo vincere l’egoismo.
Ripensiamo a tutte le volte che siamo stati capaci di accogliere l’Altro portando insieme la Croce, per alleviare il peso in un momento di fatica.
Ripensiamo a tutte le volte in cui abbiamo capito che accogliere la fatica dell’Altro avrebbe trasformato la croce in un abbraccio.
Signore Gesù,
aiutaci ad accogliere ogni peso e ogni fatica tenendo accesa nel cuore la Tua luce,
aiutaci ad accogliere ogni giorno l’Altro, con le sue sofferenze,
le sue difficoltà, la sua solitudine.
Signore Gesù,
aiutaci a scoprire la bellezza della condivisione della Croce,
trasformando la sofferenza in speranza, la difficoltà in opportunità, la solitudine in abbraccio.
Signore Gesù,
insegnaci ad essere sorelle e fratelli nel segno della croce,
capaci di ascoltare, accogliere e incontrare,
condividendo l’avventura di costruire un’umanità a immagine del Tuo amore
Amen.
Gesù e Veronica
«Non aveva aspetto né bellezza per attirare i nostri sguardi e neanche fascino che ce lo facesse cercare. Disprezzato, emarginato dagli uomini, uomo dei dolori, che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si vela la faccia: era disprezzato e noi non ne avevamo alcuna stima»
Cos’hai visto Veronica in mezzo a tutta quella gente? Cos’hai sentito tra le voci lamentose delle altre donne? Un condannato scortato verso la sua fine… un uomo schiacciato dal peso del legno della morte…
Non hai nessun potere Veronica per far cambiare le cose, la storia si compie e tu sei solo una donna in mezzo alla folla. Ma quel volto martoriato ti attraversa il cuore.
C’è poco tempo e nel mezzo di questa tragedia umana ti vediamo andargli incontro, con gesto delicato gli asciughi il volto ferito e sfigurato dal dolore, con quel velo che fin da bambina ti ha vestita. È Gesù!
E quel gesto lo ripeti ancora piangendo nel silenzio, come si accarezza il volto della persona amata.
Che coraggio Veronica! Il tuo gesto, docile e amorevole di donna, sfida gli sguardi giudicanti dei presenti e la crudeltà dei soldati, ma a te non importa.
Quel volto buono e sofferente è impresso nel tuo cuore dove la bontà di Dio ha tracciato l’espressione della sua cura. È proprio vero che nel momento del dolore possiamo vedere Gesù, sempre.
Siamo commossi e grati, cara Veronica, di quel tuo gesto compassionevole, che ha attraversato il tempo e che oggi ci invita a vedere e riconoscere Cristo: nei corpi e nei cuori feriti dalle brutalità di un mondo malato
e nelle mani di una donna capace dell’Amore di Dio.
È sempre difficile fare un passo avanti per mettersi faccia a faccia con l’abisso del dolore, l’assurdità dell’ingiustizia e l’oscurità della paura.
Quando non ci sentiamo capaci di compiere piccole e grandi imprese;
quando il peso della sofferenza consuma le nostre forze;
quando la paura ci paralizza o ci fa scappare lontano;
donaci Signore il coraggio della tenerezza.
Imprimi il tuo Santo Volto nei nostri cuori,
così che possiamo incontrarti e offrirci al mondo
nell’immagine della tua umile bontà.
Amen
Gesù muore
«Era circa l’ora sesta quando il sole si ecclissò e l’oscurità si stese su tutta la regione sino all’ora nona. Il velo del Tempio si lacerò nel mezzo. E Gesù disse con un forte grido: «Padre, nelle tue mani affido il mio spirito». Detto questo, spirò»
Gesù, il Figlio di Dio che fa l’esperienza della morte, è come il seme che muore per rinascere e per dare a tutti noi il nutrimento futuro.
Quando Lui parla ai suoi discepoli della morte del seme, parla di sé…e di noi, che siamo suoi. Puntuale arriva allora la domanda: “Ma come è possibile “morire” per portare frutto?
Come possiamo anche noi, una famiglia tra tante, assomigliare ad un “seme” così?”
Ogni seme contiene il futuro, contiene una promessa di vita, contiene una forza fragile e al tempo stesso fortissima.
Magari non ce la faremo con le nostre forze, ma con la forza dello Spirito sì:
già col Battesimo abbiamo lasciato morire l’inutile, non siamo più del mondo, anche se vi siamo immersi; e possiamo risorgere a una nuova vita insieme a Gesù. Dio non ci chiede grandi azioni, ma ci chiede il coraggio di fare una scelta, di prenderci del tempo per ascoltare, per accompagnare, per vedere la Bellezza insieme, dove ci chiama a vivere: questo sì!
Una famiglia che si fa missione desidera, con grande semplicità, assomigliare un poco a quel seme:
conosce bene quanto è doloroso diventare vita vissuta, feriale, “invisibile”, ma ci rende consapevoli della grazia che ci regala ogni giorno.
E questa è la Bellezza.
Pensiamo che ci sia vera Bellezza nella “morte del seme che dà frutto”, perché già intravediamo la vita: Gesù ci insegna ad esserci fino alla fine, ad amare fino alla fine, e a custodire la nostra vita spirituale che non muore mai.
Ti preghiamo, Cristo crocifisso che stiamo contemplando, di dare essenzialità alle nostre parole, ai nostri gesti religiosi, così come è essenziale tutto ciò che discende dalla tua croce, sotto la quale noi ci poniamo ora. (Carlo Maria Martini, Ai piedi della tua Croce)
Gesù nel sepolcro
«Giuseppe di Arimatea lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto. Era il giorno della Parasceve e già splendevano le luci del sabato»
Gesù sperimenta, nella morte, ciò che più intimamente tocca e plasma il cuore dell’uomo. Nella nostra storia di famiglia missionaria, già diverse volte abbiamo fatto i conti con una realtà che sembrava senza prospettive, morta, appunto. La tentazione di guardarsi attorno e farsi prendere dallo sconforto è sempre in agguato: la difficoltà di ambientarsi in un contesto sconosciuto. L’impatto con realtà di Chiesa che sembrano sfiorite, demotivate, inutilmente appesantite. La pandemia che limita le relazioni e tarpa le ali ai nuovi progetti.
Quante volte ci fermiamo, tristi e sconsolati, pensando che tutto è perduto, che non ne vale la pena? E, d’altro canto, quanto può essere comodo rimanere nel sepolcro che è buio, certo, ma pur sempre un posto sicuro e immutato?
Quanta paura di lanciare lo sguardo oltre la morte che sembra vincere su tutto e sognare nuove prospettive?
Ma il giorno del sabato già albeggia. Il sepolcro chiuso sussurra speranza per tutti: le relazioni buone costruiscono ponti inaspettati, le nostre comunità possono fiorire ancora riscoprendo il Vangelo, la pandemia non cancella ciò che di bello e di buono desideriamo insieme.
Le nostre paure e il nostro istinto di chiusura non hanno l’ultima parola.
Preghiamo insieme e diciamo:
Signore, sorgente della speranza, donaci la tua presenza!
Quando perdiamo slancio e freschezza nella missione.
Signore, sorgente della speranza, donaci la tua presenza!
Quando la sofferenza e la morte entrano nelle nostre case.
Signore, sorgente della speranza, donaci la tua presenza!
Quando non riusciamo a guardare al futuro con fiducia.
Signore, sorgente della speranza, donaci la tua presenza!