“Dovete chiedere a questa esperienza di essere una sentinella per la qualità della fede. Alcune famiglie si prendono a cuore il bene di una comunità, ma poi la condivisione di questo ‘fuoco’ diventa effettivamente contagiosa.
Una casa, ora spenta e frutto di nostalgia, non può che diventare un bene per tutti” Dall’intervento di Mons. Bressan
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“Abbiamo tante case dismesse e chiuse nella diocesi, quella di Bulciago non è l’unica. Non è facile metterle a posto, ma bisogna trovare il modo per ripensare a questi spazi […]. Molte famiglie ci chiedono di poter mettere in circolo la loro efficacia sul territorio. Non possiamo non rispondere a queste richieste, che stanno arrivando sempre più numerose. Queste situazioni urgono e bisogna essere capaci di entrare in una originalità pastorale di cui tutti abbiamo bisogno”
Una scommessa, quella della “casa-famiglia” presso l’ex residenza parrocchiale di Bulciago, che ha generato numerosi interrogativi e anche qualche perplessità da parte dei parrocchiani che Giovedì 19 Novembre hanno incontrato due rappresentanti della diocesi di Milano: il vicario episcopale della zona di Lecco Mons. Maurizio Rolla e il vicario episcopale per la missione e la famiglia, Mons. Luca Bressan. Continua a leggere su Casateonline>>
Così la stampa locale sul confronto organizzato a Bulciago con la comunità parrocchiale sul progetto della casa-famiglia: un incontro che ha permesso di far emergere molti punti di vista diversi e di delineare meglio ricchezze e criticità di questo ‘sogno’ così grande.
E’ stata un’occasione importante per far dialogare comunità parrocchiale, abitanti della zona, responsabili diocesani valutando quali semi possa gettare per il territorio e per la Chiesa.
Sia Mons. Bressan che Mons. Rolla si sono soffermati sull’esperienza delle famiglie missionarie a Km0 che oggi coinvolge un numero consistente di parrocchie e di famiglie in Diocesi. L’incontro è diventata così un’opportunità per raccontare i frutti di queste realtà, il riscontro positivo che hanno nelle comunità ed in particolare nel coinvolgimento dei laici e delle famiglie del territorio.
Certamente la Chiesa oggi è chiamata a ripensare all’uso e alla gestione degli spazi delle parrocchie e allo stile della collaborazione tra laici e preti. Una riflessione che non può seguire solo una logica organizzativa o economica. Dobbiamo provare a provare a pensare al futuro della Chiesa a partire dalle intuizioni e dagli slanci che vediamo dentro le nostre comunità.
Il sogno della casa-famiglia di Bulciago può essere dunque un luogo in cui provare a immaginare e vivere già ‘la Chiesa di domani’. Una Chiesa sempre più capace di gesti di condivisione e di accoglienza, sempre più vicina alla gente, sempre più fedele alla sua vocazione di ‘casa tra le case’.
“Abbiamo il dovere di chiederci come oggi la parrocchia può essere capace di trasformarsi e di diventare missionaria, senza chiudersi in se stessa e nella conservazione delle sue strutture. Dio ci sorprende sempre, rompe gli schemi. […] E’ necessario abbandonare i comodi criteri del ‘si è fatto sempre così’. Bisogna essere audaci e creativi nel ripensare le strutture, gli obiettivi, gli stili e i metodi evangelizzatori.” Continua a leggere su Casateonline l’intervento di don Fabrizio Crotta, parroco comunità pastorale “Maria Regina degli Apostoli”>>
«Ma la domanda che dobbiamo farci è questa: che cosa pensiamo per il futuro di queste parrocchie? Qual è il bene? Quando San Carlo con il suo zelo missionario ha ridisegnato la diocesi, in un disegno così forte che è durato 500 anni, che cosa si aspettava nel collocare i preti a quel modo, che ha permesso che arrivasse sino a noi? Non si aspettava tanto l’ubbidienza, ma che accendessero il fuoco della passione, della fede, dello zelo. La diocesi seguirà queste famiglie nella crescita, non le lascerà sole. A loro dobbiamo chiedere che custodiscano il fuoco del calore dell’esperienza di fede della parrocchia e permettano a tutti quei fuochi che ci sono, perché non siete terra di missione, di rimanere collegati e di alimentarsi a vicenda. Che l’esperienza sia una sorta di sentinella sulla qualità della fede. Dopo si troveranno le forme di cui vivere. Il Cardinale però è attento a queste esperienze, perché si chiede che cosa ci guadagnano delle famiglie a dire: ci piacerebbe prenderci a cuore anche dei bisogni della comunità? Non lo fanno per carriera, non abbiamo più posti da offrire, non lo fanno per soldi ma lo fanno gratis. È la condivisione del fuoco che di per sé è contagiosa. […].
Uno sa che lì c’è un fuoco acceso e c’è una sentinella che veglia: quella era l’idea di San Carlo quando metteva i parroci, adesso stanno cambiando i tempi. Non ci sono più vocazioni come una volta, non riusciamo più a far si che questa sentinella sia incarnata nella nostra figura che era il prete; ci possono essere però altri carismi, altre figure». Continua a leggere su Resegoneonline>>