Lo scorso settembre, al Convegno diocesano abbiamo potuto conoscere Marie e Angelo che hanno vissuto nella diocesi di Nanterre l’esperienza dei Foyer d’Accueil (famiglie residenti in canonica) e Veronique, responsabile diocesana dei Foyer d’accueil. Qui un videoreportage su alcune di queste famiglie.
…e a guardare le immagini (anche senza capire il francese) quasi sembra di essere in una canonica con famiglia a Kmo. No?!
LAICI IN MISSIONE, DIOCESI DI NANTERRE | FOYER D’ACCUEIL
Parrocchie con Foyer d’accueil: parr. Saint Clotilde>> | parr. Saint Cloud>> | parr. Saint Jean Paul II
Per chi vuole rileggere l’intervento di Marie, Angelo e Veronique al convegno:
Essere Chiesa
Marie e Angelo Bottazzi e Véronique Goubert, Diocesi di Nanterre
Intervento al Convegno famiglie missionarie a Km0 – 2/3 Settembre 2017
Nella diocesi di Nanterre in Francia, le famiglie hanno la possibilità di vivere un periodo di missione
ecclesiale presso canoniche della diocesi nell’esperienza dei Foyer d’accueil, coordinate dal Servizio
diocesano per i laici in missione.
Marie e Angelo, famiglia in missione ecclesiale
Marie – ringraziamo tanto di essere qui perché per noi è un bel regalo: ascoltando stamattina ci siamo detti “ma stiamo vivendo la stessa cosa anche se siamo paesi diversi, completamente diversi! Eppure viviamo le stesse cose e abbiamo gli stessi bisogni”.
Ci hanno dato due domande: la prima è “come siamo diventati Foyer d’accueil (= “focolari di accoglienza”)”. Siamo sposati da cinque anni, da subito la Chiesa è stata molto importante, una madre e una guida, poi sono arrivati i figli in modo molto veloce, ora ne abbiamo tre, siamo due ingegneri e col lavoro ci siamo accorti che la famiglia si stava chiudendo e iniziavamo a soffocare.
Abbiamo quindi iniziato a chiedere al Signore di farci trovare un modo di tenerci aperti ma che fosse possibile con una famiglia: viviamo un’esperienza di movimento cattolico ma eravamo geograficamente molto lontani, avevamo anche il desiderio di fare qualcosa in famiglia ma se ciascuno fa servizio soprattutto durante il week end, non trovavamo tempo poi per la famiglia. Quindi abbiamo iniziato a guardarci attorno e poi, veramente per caso, abbiamo conosciuto un Foyer d’accueil nella nostra parrocchia, li abbiamo incontrati e ci hanno chiesto se ci interessava questa esperienza. Noi non la conoscevamo per niente e quindi abbiamo fatto un percorso di discernimento prima di tutto con loro e poi attraverso la diocesi. Le esperienze ci sono sembrate molto belle e molto ricche proprio per quello che vivevano. La proposta rispondeva anche ad un bisogno materiale di casa per la nostra famiglia che si stava allargando in quel momento, era una grande opportunità per le giovani famiglie e anche per me rappresentava l’opportunità di stare a casa con i figli.
Angelo – La seconda domanda a cui ci è stato chiesto di rispondere è “come questa esperienza ci ha cambiato come famiglia e nel nostro modo di vivere” Una delle prime e poche cose che ci hanno chiesto diventando Foyer d’accueil è stata di essere bienveillante, parola che in italiano non si traduce perché significa “non parlare male dell’altro e prenderlo così com’è”, è stata una cosa molto bella perché sapevamo che si poteva fare però non l’avevamo mai fatta.
Vivere in parrocchia è una posizione in cui sei esposto e le cose belle che fai si vedono 10 volte di più ma anche gli errori e la frase inopportuna che dici hanno un’eco più importante, abbiamo cominciato a vivere questa bienveillance in famiglia ed effettivamente viviamo meglio. Per esempio una volta quando sono tornato a casa mio figlio grande mi ha detto: «Guarda papà, Alex (secondo figlio) non si è comportato bene» allora gli ho risposto «dai Tommy, dimmi una cosa bella su tuo fratello!» e lui «Guarda papà, oggi noi non ci siamo comportati bene …».
Un’altra cosa molto importante è l’obbedienza: Marie era una “mangiapreti” prima che ci incontrassimo e tutto il mio cammino di fede e il suo cammino di fede sono stati guidati da un movimento, non siamo perciò mai stati in parrocchia. Abbiamo invece iniziato a scoprire una realtà che è stabile, che esiste indipendentemente da noi e in cui ci è chiesto di stare: una delle cose che ci hanno chiesto diventando missionari in parrocchia è quella che la domenica sei in parrocchia, durante le feste sei in parrocchia, noi eravamo un Natale in Italia e l’altro in Borgogna e invece è stato interessante perchè ti fermi e sei lì, anche se magari il primo anno non fai niente, ma sei presenza. Inizi a vedere la Chiesa in modo nuovo: prima è la Chiesa che ti seguiva là dove eri (università, movimenti etc..), adesso sei tu che ti fermi.
Ora speriamo di fermarci per un po’ (è già il quarto appartamento in cinque anni di matrimonio), siamo stati due anni Foyer d’accueil ma ora non più perché l’azienda per cui lavoravo mi ha spostato e abbiamo dovuto trasferirci. L’obbedienza adesso è quindi vivere una parrocchia di 1000 abitanti, con molte persone anziane e tu comunque sei lì e non vai da un’altra parte, incontri il prete, magari un po’ anziano, lo inviti a mangiare, gli dai la tua disponibilità per fare ciò di cui c’è bisogno, poi la domenica successiva incontri di nuovo lo stesso prete, viene verso di te e ti dice «i vostri figli sono bellissimi!! Siete nuovi?».
Altro aspetto importante è lo stringere amicizie con persone con cui non ti immagineresti: con le petit dames, complici i figli che allietavano il momento del caffè di queste signore il venerdì mattina, piuttosto che con il parroco stesso. Abbiamo vissuto momenti in cui regolarmente ci si trovava ed era un momento rilassante perché vivevamo nella stessa parrocchia vedendo le stesse problematiche e cercando di rispondere chiaramente lui con un ruolo di padre-pastore e noi con un ruolo di sguardo sulla parrocchia da riportare a lui, questo ci aiutava ad allargare lo sguardo ed era possibile anche per il fatto che incontravi e diventavi amico di persone che non avevi in mente tu.
Ulteriore aspetto è che questa esperienza è una situazione di testimonianza inevitabile, cioè incontro delle persone al lavoro, li invito a casa nostra o ci vediamo per prendere un aperitivo e loro arrivano davanti ad una chiesa e ti dicono: «Ma…sei cristiano?» allora non c’è più bisogno di parlare ma la tua vita diventa qualcosa che mostra una realtà che è più bella e più grande della tua. Il fatto di vivere in parrocchia in una comunità che non hai scelto ed è più grande ed è sotto gli occhi di persone che scelgono sistematicamente con chi stare e come vivere e selezionano tutto quello che gli interessa.
Marie – Questa esperienza ci ha cambiato anche per quanto riguarda lo sviluppo della vita di coppia: è un’altra cosa importante che i Foyer d’accueil hanno sempre sottolineato venire prima di tutto, attenti al rischio di farsi prendere dalle cose da fare in parrocchia. Se non sei una famiglia felice, cosa testimoni? Le Foyer d’accueil ci hanno sempre detto che la priorità è la coppia, poi viene la famiglia poi il lavoro e poi per ultimo la missione. È stato però un po’ un nostro limite il riuscire a trovare il tempo per la coppia ma abbiamo imparato a ricavarcelo e anche adesso che non viviamo più in parrocchia questa modalità di vivere e curare la coppia rimane. Anche adesso che non facciamo più l’esperienza delle Foyer d’Accueil, la missione non finisce, lo stile e il movimento che si ha verso gli altri è qualcosa che ci è rimasto e ci fa mettere in gioco da subito.
Véronique Goubert, delegato diocesana per laici in missione, diocesi di Nanterre FR
Véronique – Buongiorno a tutti, io sono incaricata dei laici in missione ecclesiale nella diocesi di Nanterre. La diocesi di Nanterre si trova vicino a Parigi, piccola come territorio ma ricca di popolazione: ha 1.600.000 abitanti, è la quinta diocesi più popolosa della Francia, ci sono 26 comuni, 75 parrocchie, 155 sacerdoti, 50 diaconi e 240 laici in missione ecclesiale. I laici in missione ecclesiale sono: Foyers d’accueil, Cappellani per la gioventù, Cappellani per gli studenti, Cappellani in ospedali e case di riposo, operatori pastorali nelle parrocchie, Cappellani nella prigione di Nanterre, Capi di servizi pastorali diocesani o membri di questi servizi e molti Direttori delle scuole cattoliche.
Tutti questi laici ricevono una lettera di nomina dal vescovo e una lettera di missione dal parroco o dal suo referente oltre che essere sempre in stretta collaborazione con un sacerdote. I laici missionari ricevono la lettera durante una messa a questo dedicata a inizio settembre. Durante questa messa i Foyer d’accueil partecipano anche con i figli perché è veramente una missione che coinvolge la coppia e l’intera famiglia. I laici missionari sono nominati per un periodo tra 3 e 6 anni, ma tra 3 e 5 anni per i Foyers d’accueil. Alla fine di ogni anno, hanno un colloquio di “rilettura” con il loro parroco o capo servizio diocesano, ma ovviamente con il loro prete si vedono spesso per parlare della esperienza e della missione.
Alcuni dati storici per arrivare a questo in diocesi: nel 1987 cominciano i primi due Foyers d’accueil perché non c’erano più sacerdote in queste due parrocchie, il vescovo coi consiglieri hanno pensato di essere creativi come chiede anche adesso il papa Francesco e hanno inventato questa nuova missione. Nel 2000 erano 7 e quest’anno sono 28.
Il dato aumenta regolarmente perché ci sono meno sacerdoti, perché i sacerdoti vivono maggiormente insieme in fraternità e soprattutto perché la missione dei Foyers d’accueil nelle parrocchie é una bella testimonianza per le altre parrocchie.
Il discernimento per la missione avviene prima con la coppia e una o due miei collaboratori. Poi, se la coppia vuole continuare, c’è un primo incontro con me ed un periodo di riflessione a cui segue l’incontro con il parroco del luogo scelto: il Foyers d’accueil non sceglie il posto dove va, anche se ci si mette insieme e nella scelta conta la tipologia della coppia, il lavoro che fanno dove si trova, contano i bambini, ci sono molti elementi ma è importante che il Foyers d’accueil sceglie di vivere questo come missione e non scelga un posto piuttosto che un altro perché “è più bello”, questo è frutto della riflessione su cosa sia la missione. Se poi tutti sono d’accordo, segue la nomina dal vescovo.
Una volta diventati Foyers d’accueil, non si rimane soli, ci sono due incontri con gli altri Foyers d’accueil del settore, abbiamo diviso la diocesi in quattro e dunque ci sono due incontri con 7 o 8 Foyers d’accueil per conoscersi, aiutarsi, parlare della missione, riflettere su un tema. Alla fine dell’anno c’è un incontro con tutti i Foyers d’accueil della diocesi e il vescovo. Queste famiglie hanno anche una coppia di riferimento, che li va a conoscere e trovare in parrocchia, prega con loro, essere con loro; possono poi interfacciarsi con la responsabile dei laici in missione e col vicario che è molto presente per loro.
Gli elementi chiave della missione possono essere divise in tre tipi di indicazioni che diamo alle famiglie:
Vivere il luogo cioè rendere la parrocchia visibile e accogliente, testimoniare nella vita quotidiana una vita coniugale e familiare cattolica (cosa molto molto importante) nella parrocchia e anche all’esterno della parrocchia (la missione non è solo tra le mura) e prendersi cura delle persone isolate, fragili o recentemente arrivati nella parrocchia.
La seconda indicazione è partecipare all’animazione della parrocchia: i Foyers d’accueil fanno parte del consiglio pastorale in cui sono però collaboratori e non responsabili.
Ultima indicazione è comportarsi come buoni “padrone di casa “cioè aprire e chiudere la chiesa, accogliere i parrocchiani, vegliare sui luoghi e fare piccoli lavori come il giardinaggio da soli o coinvolgendo altri …
I frutti di questa missione sono i forti legami tra i sacerdoti e la famiglia; la ricchezza di avere vocazioni diverse in collaborazione: un amore alla Chiesa così com’è, non come la sogni; l’importanza di una presenza giovanile e calorosa nella comunità che è significativa per le altre coppie giovani e per gli anziani.